L’editoriale di oggi

Si può forse dire coerentemente con la propria campagna elettorale, i 5 Stelle hanno preso la decisione di evitare l’Osservatorio sul progetto della Torino-Lione. La TAV, per essere più chiari e semplici possibile. E si tratta di uno strappo, come titola “La Repubblica.it” nell’articolo di oggi. Perché nel passato, gli altri sindaci della città avevano sempre espresso la propria volontà di far parte di quel progetto, pur con tanti esempi e prove di difficoltà per la realizzazione del progetto stesso.
Il Governo ha detto esplicitamente che si andrà avanti lo stesso (Fonte: Corriere.it). Quasi a significare che le parole del sindaco Appendino, non ancora ratificate dal consiglio comunale è bene esplicitarlo, possono essere praticamente accessorie, quasi senza importanza. A questo punto sorge un piccolo dilemma: ma da parte del Governo questa immediata mancanza di rispetto, anche se si tratta di una definizione da prendere estremamente con le molle solo nella parte simbolica e non sociale, non è totalmente controproducente?
Detto in termini più terra terra: non è che per tutti quelli a favore del si ma contemporaneamente contrari alla TAV, anche se può sembrare una antinomia, ci possa essere uno switch di voto? Si tratterebbe sicuramente di percentuali minime. Ma ci si può permettere di creare un polverone e alla fine dover aspettare troppo tempo per trovare la polvere di nuovo depositata a terra e inerme?

L’editoriale di oggi

La dichiarazione di oggi

Cleber Santana giocatore centrocampista della squadra Chapecoense perita nell’incidente aereo vicino a Medellin sembrerebbe aver detto su Instagram a sua moglie le parole “Ti amerò per tutte le vite che vivrò”

La dichiarazione di oggi

La riflessione di oggi…

Una cosa che difficilmente si può capire è come faccia il governo ad avere così tante risorse da poter fare quello che sta facendo. Molti possono dire che se c’è un buon amministratore, come sembrerebbe essere Padoan in questo caso, i soldi si trovano. Ma chissà come mai è così forte il sospetto di lavorare, se così si può dire, in deficit.
Un particolare che ha caratterizzato i governi di Berlusconi è sempre stato il fatto che Tremonti non ha mai allargato i cordoni della borsa per permettere all’allora premier di fare quello che preferiva. Si spendeva quanto si poteva e li finiva tutto.
Oggi invece, magari leggermente sotto silenzio ammaliati da slide o diapositive dir si voglia, si spende e si spande alle volte con mire elettorali altre con mire previdenziali. C’è poi il fatto di incentivare il commercio, ma il discorso sarebbe lungo e quindi si imita dicendo che si può anche lasciar stare simili spese.
La domanda a questo punto è: fino a che punto i conti di Stato permetteranno una flessibilità di indebitamento simile? Perché è inutile che si nasconda la polvere sotto il tappeto così a lungo: ci stiamo sempre più indebitando. E la cosa grave è che non si sa per quale motivo ci si stia indebitando. Se veramente c’è la volontà di far ripartire il paese o solo di fargli vivere un sogno dorato da cui risvegliarsi in mezzo alla merda si presume essere l’unica conseguenza.

La riflessione di oggi…

La riflessione di oggi

Bisogna partire da un punto fisso: al referendum del 4 dicembre ci sono due scelte: votare o non votare. Se uno non vota, decide di evitare di dire la propria. E siccome è una scelta legittima: libertà per tutti.
Se si decide di votare uno può dire di si o di no. E ognuna di queste due scelte porta delle conseguenze. Il si comporta che una legittima votazione del Parlamento viene comprovata dalla volontà popolare e tutto finisce con l’adozione della riforma costituzionale che è anche, ma non solo, quello che per la maggiore viene diffuso da politici e giornalisti.
Se si dice di no, sotto un certo aspetto si blocca un processo di costruzione di una nuova realtà legislativa all’interno della legge fondamentale che è la Costituzione.
C’è chi dice che questa riforma non è una buona riforma. E alcuni dicono che si tratta del popolo dei no su tutto e a prescindere da tutto. Forse c’è un fondo di verità. Ma la questione è solo una: se si avesse avuto una idea di fare la stessa cosa nel passato, perché non la si è portata avanti o si è preferito fare altro?
A parte tutto votate gente. Il voto è un diritto prima che un dovere. E non portarlo avanti, a prescindere se con un si o con un no, è una cosa che impoverisce il tessuto civile di un paese.

La riflessione di oggi

Il sillogismo di oggi

Se io curo la varicella ad una bambina

e

la varicella non è la malattia

allora

io curo ad una bambina quella che non è la malattia

Bambina morta a Reggio Emilia per diagnosi errata ad un pronto soccorso

Il sillogismo di oggi

L’editoriale di oggi

Una competizione elettorale, cioè riuscire a raccogliere più voti del proprio avversario, è una lotta dove chi vince vince e chi perde perde. Si può provare a vedere se chi ha perso ha invece vinto e di conseguenza chi ha vinto ha perso, ma se succede è certamente scandalo perché le votazioni non sono state regolari.
Comunque non si può evitare il fatto di dire che la vittoria comporta la consapevolezza da parte di chi ha perso che il vincitore è l’altro. Quindi bisogna riconoscere la propria sconfitta, in caso di voto assolutamente regolare. Cosa che Donald Trump ha accuratamente evitato facendo le dichiarazioni che ha fatto, e che tutti i media mondiali con gli occhi puntati sugli Stati Uniti hanno ripreso fin nei minimi dettagli.
La domanda a questo punto è una sola: perché il Partito Repubblicano non fa qualcosa vista questa scorrettezza madornale? La risposta può essere che Hillary Clinton è di per se, indipendentemente da Trump, un candidato vincente. E mettere qualcuno di diverso adesso significherebbe buttare alle ortiche un lavoro di mesi su Trump nell’opinione pubblica. Togliere Trump, per intenderci, non farebbe sufficientemente da traino per gli elettori perché chi verrebbe dopo non saprebbe molto probabilmente colpire perfettamente alla pancia come Trump ha abituato a fare sull’elettorato. Quindi vada per la mancanza di rispetto, perché non si sa come fare diversamente da adesso.
Trump non è un candidato adatto a fare il Presidente degli Stati Uniti, per ‘meriti’ acquisiti, ma i repubblicani non sanno chi metterci al suo posto. Hillary Clinton va benissimo dov’è e ha alle spalle un buon lavoro di propaganda. Sarebbe una bella sfida vedere i repubblicani con qualcun’altro alla vetta che cerca di togliere alla Clinton i punti di vantaggio. Chissà se lo faranno mai…

L’editoriale di oggi